Poetesse venezuelane. Elizabeth Schon, Miyó Vestrini, Hanni Ossott, Martha Korblith, Jacquelin Goldberg, Yolanda Pantin,María Celina Núñez, Patricia Guzmán, Edda Armas, Maria Antonieta Flores, Carmen Verde.Traduzione Erika Reginato

NEL GIORNO DELLA POESIA PENSO NELLA TRADUZIONE COME CONDIVISIONES DELLA PAROLA SCRITTA


Martha Korblith, Yolanda Pantin,Jacqueline Goldberg, 
Miyó Vestrini, Hanni Ossott, 
Patricia Guzmán,Edda Armas, María Celina Núñez, Carmen Verde,  Graciela Bonnet,  Gabriela Rosas,  Tibisay ..  
 
Prima parte.

Erika Reginato

                                

 POETESSE VENEZUELANE NELL’ALBERO DI FARFALLE

 

 

La vita della poesia rimane nel tempo. Le poetesse sono come uccelli che si spostano nella natura o nel mondo. Noi, le poetesse che riconoscono la lingua madre, possiamo ricordare la virtù della parola che ci unisce e ci salva. La parola poetica compie un rischio che è quello di dire sempre la verità, la realtà che ci tocca senza limiti di contemplazione.

La poesia scritta è l’esperienza quotidiana che traferisce i nostri sentimenti: tragedia, dolore, amore, tutto lo che abbiamo vissuto. La poesia sempre arriva nello spazio in bianco.

Le poetesse sono come le farfalle, si muovono con grande agilità nel volo dell’anima.

 

 

Scrive la poetessa

 Elizabeth Schon

 (Caracas, 1930.2007):

 “Nello invisibile / quanto accattivante / espone la voce, la parola. E la scrittura è un filo conduttore / lungo, denso, traslucido, / che trafigge il nascosto, suono della vita…”

 

 


 

 

1.      Miyó Vestrini (Francia, 1939- Venezuela, 1991), del gruppo letterario “Apocalipsi”, (Apocalissi, Maracaibo, 1958). Miyó Vestrini fu giornalista e dentro il suo concetto politico di donna autrice scrive:

 

 

Il paese dicevamo,

lo mettevamo sui tavoli,

lo sistemavamo da per tutto,

il paese bisogna,

il paese aspetta,

il paese tortura,

il paese sarà,

il paese lo uccidono,

 

ed eravamo lì

a pomeriggio

nella attesa di qualche addolorato

per dichiarare

 

non essere idiota

pensa al tuo paese.

 

 

2.      Hanni Ossott (1946-2003). Troviamo lo sguardo urbanistico della poesia come ricerca esistenziale, e anche dell’equilibrio mentale e poetico. La poetessa Ossot traccia un limite ma anche apre il cuore per spiegare la ricerca della realtà culturale:

 

 

Chi sono io? Una via? un cammino?

Una strada tra città e città?

Sarò un intermezzo, un lapsus? (...)

 

Sono nella mia camera, nella mia “propria” camera

 

E lì c'è lo scoiattolo tedesco

la bambola inglese, la andina,

la venezuelana, l’italiana (…)

 

 

 

3.      Martha Korblith (Lima, 1959 – Caracas, 1997). Poeta e giornalista, ci ha accompagnato con la sua poesia negli anni 90. La poesia ricorda quei colpi di stato che Venezuela ha documentato all’inizio di questa decada e la eucarestia della poetessa di radice ebrea.

 

 

Quando cada il governo

Sarò come abitualmente, da sola.

 

Come avrò lasciato per dopo la spessa…

deambulerò senza un grano di pane,

ne parenti, da sola…

 

Sarò una donna sola in un paese in guerra…

                                                                                                  

 

4.      Jacqueline Goldberg (Maracaibo 1966), anche lei d’origine ebrea…. Poeta, saggista, giornalista, ha pubblicato due libri questo anno in un paese dove il crollo sociale domina su tutto, sopra tutto sulla letteratura che ancora è una colonna vertebrale di un paese stracciato. Pubblicare poesia è una sfida:

 

 

El cuarto de los temblores, (La stanza dei tremori):

Sono sola nell’albero / sola nel tremore…

 

E nel libro Las bellas catastrofes, (Le belle catastrofi, 2018):

Il colpo secco lascia sul cadavere segni di dolore…

Si sa:

esistono belli ciao,

orrende primavere

bei cadaveri

belli catastrofi…

 

5.      Yolanda Pantin (Caracas, 1954), autrice di libri di poesia come Casa de lobo, Correo del corazon, La cancion fria, El cielo de Paris, Los bajos sentimientos, El hueso pelvico, La épica del padre. È stata pubblicata la sua opera riunita 1981-2004 e il libro País. È una delle poetesse più trascendente. Una donna sola, è nell’universo della sua abitazione interiore, è là dove rivela i suoi ricordi, scrive in Nouvelle:

 

A volte sembrerebbe indifferenza

quel andare per la casa, distante.

Noi conoscevamo la lingua

e il linguaggio anche nello sguardo: tace.

Fino che una voce ci ha chiamato:

 

“Venite la cena è pronta”.

 Allora nostra madre ci salutava

come se ci riconoscesse

e nel tavolo seduti sorrideva,

così noi non pensavamo più

che l’avevamo perduta.

                                                                                                  

 

Nel 2016, ha sorpreso il mondo con un libro necessario, poesie che sono “presenza della terra madre che scorre tra le immagine”. Il libro titolato Patria:

 

Sono odori della infanzia,

 

un certo grado

di luce (…)

 

Patria è il tuo presente oscuro,

lo triviale che pure

ti costituisce…

 

                                

Los bajos sentimientos

 

 

Soñé que alguien me decía

 

toma los papeles

no los quiero

 

Yo alargué el brazo

y toqué

el pecho de aquél

que me habia injuriado

 

Sentí fuego

al rozar

el torso helado

 

pero el odio era mayor

que la mano sobre el pecho.

 

 

I bassi sentimenti

 

 

Ho sognato che qualcuno mi diceva

 

prendi le carte

non li voglio

 

Io allungai il braccio

e ho toccato

il petto

di chi mi aveva ingiuriato

 

Sentii il fuoco

quando ho sfiorato

il torso gelato

 

ma l’odio era maggiore

che la mano sul petto.

 

6.      María Celina Núñez (Madrid, 1963). Laureata in Lettere, Specializzata in Comunicazione Sociale e Magister in letteratura dell’America latina. Ha pubblicato il libro di racconti "La Fumatrice y otros relatos" e "Maleza". Altri libri di critica "Del realismo a la parodia, Del realismo alla parodia. Marcas para un mapa de la narrativa venezolana de los '90" (Memorias de Altagracia),  "Racionalismo y empirismo en la obra gramatical de Andrés Bello" (Universidad Católica Andrés Bello), le poesie "Los Jardines de Versalles" (Taller de edición El Pez Soluble, 2009).

 

 

Soy la más nueva entre los mendigos del basural
Llevo un libro en mi mano
Lo abro cuando la luna está en lo más alto
Y como un farol me permite leer
En menguante empieza a decrecer la luz
Aún no me hago de unos cartones para dormir
Esta mañana fui al mercado y no logré nada
Llega la noche
Me acuesto con el libro de almohada
Y el resto de mi cuerpo regado sobre la tierra fría.

.-.

 

 

Sono il più recente dei mendicanti della spazzatura

Porto un libro nella mia mano

Lo apro quando la luna è al massimo

E come un faro mi permette leggere

In calante comincia a svanire la luce

Ancora non ho cercato i cartoni per dormire

Stamattina sono andata al mercato e non ho avuto nulla

Arrivata la notte

Mi sdraio con il libro di cuscino

E il resto del mio corpo abbattuto sulla terra fredda.

 

                                

 

7.      Patricia Guzmán (1960), un poema dove si capisce subito il voler sommergere a tutti nell’intimo:

 

Io ho voluto imparare a cantare,

sempre ho voluto

 

E lo ho detto alle mie sorelle (…)

 

 

8.      Edda Armas, scrive: “La scrittura e riflessione che interroga, acchiappa, disegna, se riempie, sfiora e afferra, e il poeta è poeta dalla esperienza piena di quello che fa come persona e come professionale. Lo psicologo in me (quando vuole capire il lato oscuro dell’essere umano), dimensiona passaggi   alla poetessa.”

 

La sua poesia ci fa scoprire un bellissimo paesaggio e scrive della sua individualità, quella unicità del paese del poema e del dolore della patria:

 

Choroni

 

 

Il fiume d'acqua gelate

lavava il mio viso

diceva addio alla maschera bianca

che mi separa da te

quando si concede il potere all’acqua

calpestare il bordo

è battezzare la fede

offrire il fiore aspettando

le ragioni del mistero

 

In memorian *

 

Neomar Lander es una flor.

Nacerá una y otra vez,

en toda superficie,

aún en el asfalto. (junio, 2017)

 

En el informe 2017.2810 de Amnistía Internazional, Neomar Lander (17 años), murió como consecuencia de diversas heridas causadas por una bomba lacrimogena en las manidfestaziones en Caracas del 2017.

 

In memoriae*

 

Neomar Lander è un fiore.

Nascerà una e un'altra volta,

in tutte le superficie,

anche nell’asfalto. (giugno, 2017)

 

Nell’ informe 2017.2810 di Amnistia Internazionale, Neomar Lander (17 anni) è morto a conseguenze di diverse ferite causate da una bomba lacrimogena nelle manifestazioni a Caracas del 2017.

 

 

 

9.      Maria Antonieta Flores (1960), nelle poesie del libro

 

 

I Lavori interminabile:

 

 

a Lui, li avevo tolto la testa

e con destrezza

inciampava il suo sapore con il mio palato

arrivava al mio corpo smembrato

disperso

eravamo a pezzi

con destrezza

sotto l’ombra di sangue

versata …

 

.-.

 

La condizione

 

non è ammalarsi e morire

è il tumore che può rompere le costole

il dolore che non cessa

l’infiammazione che irrompe dentro di te e ti fa esplodere

è il cuore che ti scoppia

e tu sai che scopiera

è l’orano rifiutato

è il sangue avvelenato senza reni

è questo e l’altro

senza medicine

senza aghi

senza attenzioni

 

 

 

 

10.  Carmén Verde (1967). Poeta, saggista, editore e professoressa di lettere. Dirigeva insieme al poeta Santos López la Casa della Poesia Peréz Bonalde di Caracas e la Settimana Internazionale della Poesia.

La sua parola percorre la natura, guarda verso l’orizzonte il paesaggio venezuelano. Questa poesia del libro che ha il nome di un fiume Cuira 

 

 

 

La mia anima è andata a mangiare ananas.

Lei è una camicia

che porto al rovescio

e dice parole agli uomini mai immaginati.

 

la mia anima è gialla

e ha la inquietudine delle nuvole.

 . ..

Gabriela Rosas. Da “Room 44” inedito.


Gli Assenti


Ci manca quel che se n'è andato

per il piacere di sentirsi in qualche sonno

in qualche goccia d'acqua

che è rimasta nelle labbra


Ogni commiato è per sempre

una possibilità


Ci manca quel che se n'è andato

per viverlo da vicino

Tentare il sorriso

il verbo incendiario 

e il limone usato per trovarci


Manca quel che se n'è andato

perché veramente sentiamo la mancanza di noi stessi


per un ricordarsi.


...


11. TIBISAY VARGAS ROJAS (Caracas, Venezuela, 1961)





All’oscuro Achille che passa



Lo vide ridendo fronte al mare

e ho saputo

i modi stravaganti del pianto

allora

ho sospettato delle impronte che faccio

la sottile condizione dei talloni

ho deciso non affrontarli, di mettere via l’arco 

per imprese più astute e comuni

che mettere a morte 

un ferito per il tempo

e il vuoto.





...

Graciela Bonnet


LE NUVOLE 


Ci siamo sdraiate sulla spalla sul pavimento di cimento. Era un pomeriggio di estate, quasi immobile. Non si sentiva nessun rumore. Le foglie degli alberi si battevano soavemente, in armonia perfetta.  

Per ore abbiamo visto il cielo altissimo e le nuvole correvano una dietro l'altra con la brezza lieve.  

Un’ altra volta ho pensato che il cielo fosse l'oceano, e le nuvole, le onde che si ripetevano identicamente una dopo l'altra, come il tempo che non importa se esista o è una invenzione.

La vertigine mi acchiappò e la ho ricevuto con gioia. È stato bello sentirsi cadere verso alto, verso l’insondabile. Ero finalmente in quella spiaggia serena, dove nulla succedeva. Non poteva esserci niente di meglio o peggio, soltanto essere in quel luogo camminando sulla sabbia, affondando i piedi nella riva umida, disegnando le mie impronte.

A volte una sirena mi chiamava da lontano ed io li rispondevo, gioiosa come una bambina piccola. 






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